MAURIZIO IV


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Evento finito il 29 Febbraio 2020


Maurizio e Carmine si incontrano su un palcoscenico, un palcoscenico da allestire che diventa il loro teatro personale. Regista snob il primo, tecnico luci un po’ bradipo e con una voglia di lavorare pari a zero l’altro, i due appaiono diversi, ma quasi subito sembrano in qualche modo riconoscersi divenendo l’uno speculare all’altro. Lo spettacolo che metteranno in scena è “Il gioco delle parti” di Luigi Pirandello ed è proprio un gioco delle parti quello che si consumerà in scena. Prima battibeccando, poi entrando sempre più in sintonia, i due riusciranno nell’impresa di rendere “pulp” addirittura un premio Nobel. Sebbene all’inizio tutto lasci pensare che ci si trova di fronte all’ennesima ‘lotta tra caste’, con l’artista dalla puzza sotto il naso che sbeffeggia l’operaio ignorante, ben resto si capirà che l’incipit è solo un pretesto per qualcosa di più profondo, qualcosa che renderà la vicenda quanto mai intricata. Non appena il pubblico si abitua agli scambi divertenti, al limite del comico, e inizia a empatizzare con il personaggio più debole, ecco che lo scenario cambia e, subdolamente, le percezioni vengono ribaltate e ci si ritrova avvolti in una spirale tragica dai risvolti inattesi.

Ma quanto realmente c’è di Pirandello in Maurizio IV? Sua è l’opera che si deve mettere in scena e dal suo “Enrico IV” Maurizio prende a prestito non solo il ‘numero’, ma anche la follia, generata da un evento traumatico, ciò nondimeno: è abbastanza? La genialità sta proprio nell’essere riusciti a tracciare un confine tanto impalpabile quanto netto tra l’approccio reale all’opera pirandelliana e il distacco che se ne ricava, zigzagando alfine nei meandri oscuri di una mente che tanto ha atteso e che finalmente otterrà la sua vendetta. D’altronde si sa: la vendetta è un piatto che va gustato freddo.

Gianluca Guidi e Giampiero Ingrassia, coppia teatralmente già rodata, lasciano fluire la loro complicità fin dall’inizio e ricreano in scena un dialogo naturalmente morbido e tecnicamente perfetto. Calati del tutto nei loro personaggi: un po’ bohèmien Maurizio, molto scanzonato Carmine, entrambi ribaltano più volte la loro condizione, identificandosi nell’altro, anche lavorativamente, dando vita addirittura ad una improbabile versione dello spettacolo che, ahimè, mai vedrà la luce. In questo continuo susseguirsi di scambio di ruoli, i due attori, padroni della scena e degli spazi, non si sovrappongono mai e lasciano all’altro l’ambito necessario a definirsi come personaggio per poi trasmigrare in quell’altro, in un turbinio evoluzionistico che culminerà tragicamente.

Chi ha usato chi?

I personaggi continuano a esistere tra una scena e l’altra o restano nella penna dello scrittore?

Quanto c’è di reale e quanto di pilotato nelle rivelazioni acquisite?

Queste le domande che restano sospese, domande alle quali ognuno può dare la risposta che preferisce, a seconda del momento che sta vivendo e delle sensazioni che si affacciano nel proprio animo, a riprova del fatto che nulla è mai come sembra e che ogni individuo rimane l’unico artefice del proprio destino, sempre e comunque.

<< Non ci voglio tornare, io, nella realtà. Questo è il mio ruolo e io lo pretendo! >>

Un ruolo, nessun ruolo, centomila ruoli da interpretare ogni volta in modo diverso, sempre come personaggi in cerca dell’autore che, in effetti, è uno solo: se stesso.

 

                                                                                                            iNPlatea_Marianna Addesso

 

 

 

 

 

Maggio 4th, 2019 by