ALBANIA CASA MIA


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Evento finito il 01 Aprile 2017


Una produzione Argot produzioni

 

Non servono grandi scenografie: basta il negativo di una cartina geografica su cui si muove Aleksandros Memetaj, scalzo, in tuta nera. Non servono altri fronzoli per raccontare la sua storia, la storia di un ragazzo di origine albanese, nato a Valona e cresciuto in Italia. Ce la racconta, la sua storia, da due punti di vista differenti: il suo e quello di suo padre. Le sue prime esperienze “italiane” risalgono all’asilo, dove per la prima volta viene offeso (anche se capirà che quelle frasi erano un’offesa solo molto tempo dopo), ma dove per la prima volta si sente invincibile grazie al suo bilinguismo. E’ un artista del linguaggio, lui.

<<Raccoglievo parole e non appena la scuola mi ha insegnato a leggerle e a scriverle… quello fu il gioco più bello del mondo!>>

Arduo giocare a questo gioco usando due differenti linguaggi, quando la maggior parte delle persone attorno a lui a malapena ne comprendevano uno. Doveva essere un vincente per forza. Aleksandros è cresciuto in un paesino di settemila anime, quasi tutte “automi frustrati”, con pochi scopi nella vita, uno fra tutti: odiare gli stranieri. E’ stata dura per lui e lo racconta senza filtri, con durezza, ma anche con tanta ironia. Albania casa mia era l’offesa più grande, in quel paesino di settemila anime. Gli albanesi costruiscono le case degli italiani, gli albanesi non possono comprarsele le case, non hanno soldi, sono dei parassiti, che ci fanno qui?

<<Se ne tornassero… in Bulgaria!>>

<<Quella fu la prima volta che mi sentiì “in mezzo”>>, dice Aleksandros. Né carne né pesce, né albanese né italiano, insomma tutto e niente.

Ed ecco, poi, il racconto di Alexsander; il punto di vista di un adulto, di chi, il 26 febbraio del 1991 approda, per la prima volta, sulle coste italiane. Solo uno dei due pescherecci partiti da Valona arriverà a Brindisi e Alexander si trova su quello “fortunato”. Fortunato sì, ma per poco perché sarà rimpatriato dopo pochi mesi e dovrà attendere ancora prima di riuscire a tornare qui, stabilendosi con sua moglie e suo figlio… in un paesino di settemila anime. Poteva restarsene in Albania e continuare a vivere in un Paese dove tutti sono ridotti ad un unico livello: quello di povero, ma suo figlio ha solo cinque mesi e lui deve per forza regalargli una vita migliore di quella. Non c’è speranza in Albania; sono riusciti a spegnere i sogni e le aspettative di quegli uomini e di quelle donne che, ormai, neanche lottano più. Ma Alexander non ci sta. Salterà il muro Alexander, quel muro che lo separa dalla libertà. Rischierà il tutto per tutto  per riuscire a dare un futuro migliore a suo figlio. Alexander e Aleksandros hanno lo stesso sangue, sangue orgoglioso di un padre e un figlio albanesi.

Fa riflettere questo spettacolo. Eppure, nonostante sia interpretato da un albanese, è uno spettacolo, tutto sommato, “obiettivo”. Aleksandron non cerca per forza di rendere simpatici i suoi connazionali, anzi… Li descrive con lucidità: con le loro canottiere sudate, i calzoncini corti e gli improbabili sandali tipici dell’ Est Europa, intenti a bere, a fumare e a far caciara, proprio come suo padre. Per ogni cinquantenne italiano ignorante, c’è un albanese caciarone e con un gusto nel vestire non propriamente eccelso… e siamo pari.

Marianna Addesso iN Platea

 

di e con Aleksandros Memetaj
aiuto regia Alberto Basaluzzo
regia Giampiero Rappa

Febbraio 24th, 2017 by