WINSTON VS CHURCHILL


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Evento finito il 31 Gennaio 2019


Una produzione Nuovo Teatro

 

Un teatro che non incanta quello di Winston vs Churchill in scena al teatro Nuovo fino al 3 febbraio. Peccato per Giuseppe Battiston, che ha dimostrato uno sforzo mnemonico non indifferente, portando a casa l’intero monologo, a tratti dialogo, senza nessuna sbavatura. La sua impeccabile interpretazione di Sir Winston Churchill fatta di vestaglia di velluto rossa su gessato grigio, sigaro e bastone quasi perennemente tra le mani, quasi maniacale in alcune pose, non è bastata a far emergere lo spettacolo, uno spettacolo che, nonostante alcuni guizzi pressoché geniali (a cominciare dal titolo che sottolinea la lotta interna di un uomo ormai alla fine della sua vita, ma che fa fatica ad abbandonare ciò che è stato, ciò che ha significato per il mondo intero), annoia piuttosto che regalare saggezze. Si comincia con una registrazione della voce del politico, in cui la parola predominante è “Io”: “Io ho fatto questo, io sono quest’altro” ed è giusto che sia così. Winston Churchill è stato una figura dominante nello scenario mondiale, è innegabile; nel giocare con l’infermiera Margaret, l’unica altra figura in scena che prova a star dietro alle sue manie, egli prova a farle indovinare, tramite telefonate inventate, chi siano gli interlocutori con i quali si confronta. Re Giorgio, Roosevelt e tanti altri colossi erano continuamente assieme a lui a prendere decisioni, ma anche a divertirsi e a godersi la vita, a discapito, molte volte, dei popoli che invece in quel periodo si trovavano a vivere una vita non certo serena, come accadde anche al padre di Margaret e come lei non dimentica di rinfacciare al suo datore di lavoro. Insomma: a parte qualche guizzo, l’ora e mezza trascorsa a teatro non può certo definirsi bene spesa. Una regia forse a tratti troppo “televisiva” e troppo poco “da sipario” non convince. Gli intermezzi musicali performati da Margaret dietro le tende trasparenti, accompagnati da lenti movimenti, cozzano con l’atmosfera che forse si voleva rendere. Di storia ve n’è ben poca, d’altronde era ciò che si anticipava nelle presentazioni. Ma ritengo che ci sia ben poco anche di altro. E cosa vuol significare il duale intermezzo ‘metal’, a metà e fine spettacolo, con Winston che d’improvviso alza il volume del suo apparecchio acustico, tenuto volutamente basso fino a quel momento? Egli nega forse il confronto a Margaret, ben cosciente di cosa ella pensa realmente di lui e di come ha gestito il suo potere? E solo sul finale decide di rientrare nel mondo, un mondo che oramai è cambiato e che lui stesso stenta a riconoscere? Un j’accuse a se stesso? Un senso di colpa ‘postumo’? Le parole dei suoi genitori, entrambi scontenti di un figlio, a loro dire senza nerbo, regalano forse l’unica solidarietà dovuta a una persona, un personaggio, che se ha fatto ciò che ha fatto lo ha fatto in primis per dimostrare loro di potercela fare. Ce lo rendono più umano, ma è poca cosa. Rilevante il battere del suo fedele bastone sul pavimento, a segnare le note che aprivano i comunicati di Radio Londra, ma non basta. Dispiace, perché sicuramente si poteva aspirare a qualcosa in più.

 

iNPlatea_Marianna Addesso

 

di Carlo G. Gabardini

con Giuseppe Battiston
e con Maria Roveran
regia Paola Rota

Gennaio 5th, 2019 by