COME VORREI NON MORIRE


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Evento finito il 25 Novembre 2017


Qual è il momento esatto in cui si muore? Cosa resta? Da queste riflessioni parte il racconto autobiografico di Daria Pascal Attolini che, con Come vorrei non morire, racconta il suo rapporto col padre recuperato mentre lui sta morendo di cancro. La Attolini si muove agile su una piccola bicicletta, porta sulle spalle uno zainetto da scuola elementare da cui tira fuori un astuccio colorato e mentre racconta la sua infanzia passa dal sorriso alle lacrime, dallo spensierato al riflessivo. Non è stata un’infanzia facile, la sua. Il padre, chirurgo, a casa ci stava poco e in seguito, a causa del divorzio tra lui e sua madre, ci starà ancora meno (solo mezz’ora il martedì e mezz’ora il giovedì). Sono anni in cui lei si sente quasi abbandonata dal genitore, che pure cerca di non farle mancare niente. Poi, cinque anni fa, una telefonata: lui si è scoperto malato di cancro. Da quel momento lei farà di tutto per stargli vicino; anche solo andare a prendere un gelato dopo la seduta di chiemioterapia sarà per lei una cosa bellissima. La bambina ormai cresciuta vuole riallacciare quel filo spezzatosi anni prima, perché consapevole di avere poco tempo. Con tali premesse, tutto lascia pensare che ci si trovi di fronte ad uno spettacolo triste, malinconico, strappalacrime. Ebbene non è così. In questa pièce la morte viene esorcizzata con una risata; i parenti che in certi casi non sanno cosa dire e finiscono per dire la cosa sbagliata, i colleghi di lavoro, il prete che bisbiglia << Ma perché bisbiglia? Non lo disturba mica, è morto. >> i conoscenti, tutti farebbero meglio a starsene zitti. Gli unici che sanno il fatto loro, in certi casi, sono “quelli delle pompe funebri”. Entrano in casa del morto e sanno esattamente cosa fare e come muoversi: dei veri professionisti. Anche quando c’è da scegliere la bara loro sono lì e portano per mano il cliente a scegliere per il meglio. In tutto questo trambusto, in cui anche il pubblico viene coinvolto, si coglie tutta la sensibilità e la delicatezza di una donna che non ha rimpianti; è in pace con se stessa perché è riuscita a salutare suo padre e a dirgli quanto gli volesse bene. Da ragazzina, negli anni 80, ascoltava I need a hero: la ascoltava con le cuffie che le aveva regalato suo papà a Natale. Da grande, divenuta attrice, termina la sua pièce con lo stesso brano. Per ogni bambina il primo eroe è sempre il papà; il suo, pur avendo fatto di tutto per perdere questa condizione ai suoi occhi, è riuscito a farsi perdonare ed è ritornato ad essere il suo eroe e lo sarà per sempre perché per sempre lei lo ricorderà.

Marianna Addesso iNPlatea

 

 

di e con Daria Pascal Attolini

regia di Alessia Vicardi

Ottobre 10th, 2017 by