SE CADERE IMPRIGIONARE AMO


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Evento finito il 18 Novembre 2017


<<E’ stato tutto un errore, figlio. Anche tu!>> Che razza di madre può pronunciare tali parole? Una madre che ha abbandonato i suoi figli maschi, che ha perso in un pauroso incidente quelle femmine nate dall’amore incestuoso tra lei e il suo primogenito, che torna dopo tanti anni, incinta di chissà chi, ma per niente pentita o remissiva. I figli la accolgono con indifferenza, poi con rancore, il rancore di chi è stato trattato troppo male da chi gli ha dato la vita. Ogni tanto riaffiorano ricordi di un barlume di vita normale: quando piccoli, al mare, si pregiavano di farsi vedere da lei mentre nuotavano verso il largo. Ma dura poco; la voglia di libertà di quella donna ha avuto la meglio ed ella è andata via, per anni, lasciandoli soli a marcire in una periferia degradata e degradante. Accuditi dal restante genitore, uno smidollato senza nè arte nè parte che pur non avendoli abbandonati non gli sa dare nessuna guida, lasciandoli soli a dover imparare che cosa è bene e cosa è male. Quando la madre torna, Filippo è appena uscito di galera. Poche ore e viene raggiunto da un nuovo avviso di garanzia. Filippo ha seviziato un suo coetaneo, un atto orribile, ma che fa scattare nella madre la voglia di difendere quel figlio che, secondo lei, ha fatto solo una bravata. Si scaglia contro i genitori del ragazzo ferito come una lupa che difende i suoi lupacchiotti e urla e si dimena.

Scene forti più di una e anche il linguaggio non è da meno; in una coreografia un po’ matta, dove le uniche cose “normali” sono le lapidi delle figlie morte, i protagonisti si muovono senza un apparente senso logico. Affetti tutti da un’improbabile sindrome di Tourette, diventano ora animali, ora esseri umani mascherati, ora l’Italia. Metafora di un popolo che viene seviziato da chi è al potere? Forse, o forse no. La pièce termina con un omicidio, finale scontato, quasi banale se ci si basa solo sul binomio periferia-degrado; in realtà da quella morte potrebbe anche nascere nuova vita e nuova speranza. Ma se diamo per vero che “si può togliere un uomo dal ghetto, ma non il ghetto da un uomo”, allora forse di speranza non ne rimane molta.

Marianna Addesso iNPlatea

 

canto della scrittura Andrea Cramarossa

canto attoriale Silvia Cuccovillo, Federico Gobbi e Domenico Piscopo

canto delle luci e della musica Vincenzo Ardito

canto dei costumi e della sartoria Silvia Cramarossa

canto delle macchine di palcoscenico Francesco Martone

canto alla regia Andrea Cramarossa

 

Ottobre 10th, 2017 by