Cechov fa male! SINCOPI, DELIQUI, INFARTI E ALTRI MANCAMENTI


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Evento finito il 09 Febbraio 2019


Luogo imprecisato ai giorni nostri: due attrici, una la coach, l’altra l’allieva, fanno esercizi di riscaldamento in un teatro-studio, con mobili ammonticchiati in un angolo. La coach racconta alla sua allieva di come Varvara Ozolin, arrivata dalla Russia a Los Angeles per fare da coach a Greta Garbo interprete di Ninotchka, portò il metodo stanislavskij all’Actor’s Studio. Ma chi era Varvara Ozolin? Ce lo racconta una voce fuori campo coadiuvata da filmati che, in una sorta di doppio flashback, salta dal 1957 al 1939. Nel frattempo, le due attrici spostano i mobili e preparano la scena.

Los Angeles 1957: due attrici, una la coach, l’altra l’allieva, studiano un personaggio. La coach è Varvara Ozolin e racconta la sua storia all’allieva.

Mosca 1939: gli attori Serghiej Kozinkov e sua moglie Varvara, vengono convocati presso gli uffici del GLAVREPERTKOM per fornire chiarimenti circa il progetto di un loro spettacolo intitolato Sincopi Deliqui Infarti e altri Mancamenti e ispirato ad un lavoro su Anton Cechov. Ormai Checov non veniva più rappresentato in teatro, complice la propaganda stalinista che ambiva ad affermare il realismo socialista lasciando da parte tutto ciò che poteva sembrare finto e spettacolarizzato. Nel battibecco tra moglie e marito, nel loro appartamento, intenti a studiare il loro spettacolo, Serghiej tende ancora a giustificare e a volere che l’attore sia attore, che si mostri sul palcoscenico fingendo e formando coscienze; Varvara sembra essere di diverso avviso. In realtà ciò che lei sta cercando di fare è semplicemente mettere in atto quello che le hanno insegnato, ossia donare al personaggio interpretato un’anima. Ma il socialismo non può permettere che un nuovo Mejerchol’d prenda il sopravvento. Il regista, accusato di trotskismo e di tendenze contrarie al realismo socialista, venne condannato a morte e messo dunque a tacere e sarà questo il medesimo destino di Serghiej Kozinkov. Imprigionato mentre la moglie già si trova negli USA per lavoro, egli verrà costretto a confessare ciò che non ha fatto e non rivedrà mai più il suo amore.

Il processo / farsa a cui assistiamo, raccontato da un uomo con un naso da pagliaccio, a simboleggiare la menzogna e il ridicolo a cui un uomo viene sottoposto, sembra quasi un omaggio al grande Petrolini. Sergio Basile regala una performance “tristemente burlesca”, da perfetto clown.

Insomma si è preso atto che oramai la dittatura non fa sconti ed eliminerà ciò che può darle fastidio. Il teatro, che dovrebbe aprire le menti e casomai spingere anche alla rivolta, viene dunque preso di mira e smantellato di ogni fine giusto. Come già detto, i due amanti non si rivedranno mai più; ciò che resta a Varvara è l’ultima lettera di Serghiej nella quale lui chiede in qualche modo perdono in quanto è lui stesso a decidere di morire, confessando ciò che non ha fatto, per evitarsi inutili e lunghe sofferenze. Varvara legge quelle parole alla sua allieva, certa che anche quello è insegnamento: le emozioni, quando vere, sentite, vissute, ma soprattutto ben incanalate, regaleranno sulla scena la stessa forza propulsiva a chi le riceverà, in un magico do ut des in cui, finalmente, la Quarta Parete verrà abbattuta, l’attore non sarà più “un innesto sbagliato” e potrà finalmente dialogare col suo pubblico.

<<Non ci sono cose futili e non ci sono cose importanti. Tutto è uguale – Lev Nikolàevič Tolstòj>>

 

  iNPlatea_Marianna Addesso

 

Gennaio 2nd, 2019 by