Una produzione del Teatro dell’Opera di Roma in coproduzione con Malmö Opera
Opera in tre atti su libretto di Antonio Somma, da Gustave III, ou Le Bal masqué (1833) di Eugène Scribe.
Prima rappresentazione: Roma, Teatro Apollo, 17 febbraio 1859
Direttore | Donato Renzetti
Maestro del Coro | Gea Garatti
Regia | Leo Muscato
Scene | Federica Parolini
Costumi | Silvia Aymonino
Luci | Alessandro Verazzi
Movimenti coreografici | Alessandra De Angelis
Assistente alla Regia | Niklas Johansson
Interpreti
Riccardo, Conte di Warwick, Roberto Aronica / Celso Albelo
Renato, creolo, suo segretario e sposo di Amelia, Luca Salsi / Seung-Gi Jung
Amelia, Carmen Giannattasio / Susanna Branchini
Ulrica, indovina nera, Agostina Smimmero / Anastasia Boldyreva
Oscar, paggio, Anna Maria Sarra / Marina Monzò
Silvano, marinaio, Nicola Ebau
Samuel, nemico del Conte, Laurence Meikle
Tom, nemico del Conte, Cristian Saitta
Un Giudice, Gianluca Sorrentino
Orchestra, Coro e Corpo di Ballo del Teatro di San Carlo
Spettacolo in Italiano con sovratitoli in Italiano e in Inglese
Definita da Massimo Mila il Tristan italiano per la centralità disperante della componente amorosa, Un ballo in maschera fu originariamente composta da Verdi per debuttare al Teatro di San Carlo. La censura borbonica la rifiutò, vedendo nel soggetto un tema quanto mai oltraggioso: in uno scenario politico scosso dai moti risorgimentali non era, infatti, possibile ammettere che si portasse in scena l’assassinio di un sovrano, per quanto ad istigarlo potesse essere la rivalità in amore. L’edizione del Ballo proposta in questa Stagione rispetta l’ambientazione svedese del dramma di Scribe e, nella sua lettura, Leo Muscato la ambienta a fine Settecento in un contesto favolistico nel quale sono compendiati molti degli archetipi delle favole stesse: un re innamorato, la strega, la corte, il ballo mascherato, la congiura, il paggio mattacchione… Il tutto viene raccontato attraverso la sapiente lente della finzione, così che l’umana e dolorosa storia che vivono i personaggi, osservata dall’alto, resti senza dubbio reale e coinvolgente, ma anche in grado di suscitare quel sentimento di nostalgia un po’ malinconica che ci afferra quando attraverso le altrui vicende ripercorriamo momenti del nostro vissuto o, più in generale, siamo indotti a riflettere sul senso della nostra vita.