UN BORGHESE PICCOLO PICCOLO


Dettaglio eventi


“Racconteremo questo grande romanzo classico con il sorriso, che solo i grandi autori come Vincenzo Cerami hanno saputo e sanno ancora regalarci. Per questo motivo ci affidiamo all’arte di un grande interprete del nostro Teatro: Massimo Dapporto, capace di rendere il ridicolo e il tragico nello stesso tempo, regalando grande umanità e semplicità alla famiglia Vivaldi”.

Così terminano le note di regia de Un borghese piccolo piccolo e da qui parte il racconto di ciò che è stato messo in scena da Fabrizio Coniglio: l’interpretazione di Massimo Dapporto, che insieme a tutto il cast si muove in uno spazio unico (in cui restano palesate dall’inizio alla fine le ambientazioni della pièce, luoghi dove si arriva intraprendendo percorsi fatti di cento passi o uno segnati temporalmente da musiche e luci), appare sempre segnata dalla stanchezza. La sua è una stanchezza uguale, ma differente; nella prima parte il protagonista sebbene entusiasta della carriera che vede prossima per l’adorato unico figlio Mario, non nasconde una svogliata permanenza nel mondo e la voglia di veder realizzate le sue aspirazioni ad ogni costo non basta a renderlo guizzante come ci si aspetterebbe. In una sorta di presagio che aleggia sulle sue spalle, l’uomo decide, chiede aiuti, studia, si sottomette recando su di sé tutto il peso delle sue decisioni e il carico pesante lo rende curvo e affaticato. Il rapportarsi con l’ingenuo figliolo, la disincantata moglie e il cinico capufficio gli rendono la strada ancora più irta di difficoltà, ma nonostante tutto il Vivaldi non si arrende. Sa bene ciò che vuole e fa di tutto per ottenerlo. Nell’ultima parte, invece, quando il destino è ormai compiuto, quella stessa stanchezza, invece di acuirsi pare arrestarsi come dopo uno choc, ma in verità si circonda di rassegnazione, il che rende tutto ancora più straziante e pesante. La visita al cimitero in attesa di “trovare un buon posto” anche lì, gli sforzi per cercare di aiutare la povera moglie lo costringono a continuare ad andare ancora avanti, ma fino a quando? Solo la vendetta è la via d’uscita? Sembra di sì, ma è solo un’illusione.

Prima romanzo, poi film di successo, Un borghese piccolo piccolo approda anche a teatro, a 43 anni dall’uscita. Erano gli Anni ’70, gli anni del Terrorismo e della ‘fratellanza’ non intesa più come perseguimento di ideali comuni bensì come mero attaccamento alle proprie poltrone e ai propri privilegi. Comprendere quanto a distanza di quasi mezzo secolo una storia del genere appaia attuale è di facile intuizione. Proprio tale attualità, unita alla sottile, ma ben esposta satira che ridicolizza, oggi come allora, chi pare detenga il potere, rende la pièce assolutamente inappuntabile. Si tenta sempre di dire e fare, ma all’atto pratico si rimane ancora e sempre chiusi nel proprio personale bozzolo intriso di pigrizia e incapacità. Riflettendoci: quanto può continuare a fare male tutto ciò?

 

iNPlatea_Marianna Addesso

 

 

Settembre 9th, 2019 by